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Basilica della Madonna dell‘Umiltà |
Con la sua grande cupola visibile da ogni angolo della città la basilica è il più importante edificio rinascimentale di Pistoia. Come è accaduto spesso per le grandi fabbriche del passato non è opera di un solo architetto. Durante l'edificazione, che durò oltre un cinquantennio, vi si alternarono infatti diversi responsabili ciascuno dei quali apportò soluzioni personali all'originario progetto. Studi recenti hanno attribuito il primo modello a Giuliano da Sangallo, uno tra i più stimati architetti della corte medicea che con grande maestria seppe rinnovare la tipologia edilizia rinascimentale guardando direttamente all'architettura antica. E' così smentita la tradizione vasariana, poi rafforzata dal campanilismo cittadino, che indicava quale unico artefice l'architetto pistoiese Ventura Vitoni al quale, comunque, resta un ruolo da protagonista essendo stato il direttore dei lavori per ben venticinque anni. La storia della basilica della Madonna ha origine il 17 luglio 1490 quando nella chiesa di
S. Maria Forisportam, edificata in età medioevale e così chiamata perché fuori della prima cerchia muraria, si verificò un evento eccezionale: l'immagine della Madonna lacrimò acqua argentea. In ricordo di questo prodigioso sudore, e a causa dell'inadeguatezza del primitivo edificio incapace ad accogliere una devozione che aveva assunto dimensioni di massa, fu decisa la costruzione di una grandiosa chiesa in cui ricollocare il muro con l'antica e miracolosa immagine.
L'ampio vestibolo di ingresso A, anomalo rispetto alla tradizione che vedeva i santuari generalmente preceduti da porticati destinati al riposo dei pellegrini, introduce all'aula ottagonale che è l'elemento caratterizzante di gran parte dei santuari mariani costruiti in età rinascimentale.
All'interno si aprono sei cappelle la più grande delle quali accoglie l'altare maggiore, opera commissionata al manierista fiorentino Pietro Tacca in sostituzione del precedente altare in legno oggi conservato nel Battistero.
Un'edicola con colonne corinzie e un frontone curvileneo racchiude l'affresco miracoloso, traslato qui alla metà del Cinquecento quando fu ultimata la grande cupola che tanti problemi aveva creato a Giorgio Vasari che ne era stato l'artefice.
Ai lati dell'altare maggiore si aprono tra le altre la Cappella dell'Annunziata B e quella dell'Assunta C in cui si possono ammirare, rispettivamente, opere attribuite a Ludovico Buti e Francesco Morandini detto il Poppi entrambi artisti di rilievo nella Firenze del primo Seicento, mentre il vestibolo venne decorato ai primi del Settecento da Giovan Domenico Piastrini, e altri artisti, con scene che illustrano il Miracolo e la costruzione della basilica.
Con la bolla papale del 1515 fu stabilito il nuovo nome della chiesa: da S. Maria Forisportam a S. Maria dell'Umiltà; da allora il nuovo tempio s'identifica con l'immagine della Vergine seduta per terra e con il figlio al seno.
In sacrestia sono custiditi preziosi arredi liturgici per lo più appartenenti al XVII secolo.
Tra la seconda metà del XIV e i primi del XV secolo, in Italia e nel resto d'Europa, si diffusero le raffigurazioni della Madonna dell'Umiltà, una rinnovata iconografia in cui la Vergine, anziché in trono, appare seduta a terra su di un cuscino mentre allatta il Bambino. Dove questa formula sia nata non è ancora dato di saperlo con certezza, ma sicuramente rimanda ai valori dell'humilitas di Maria che, proprio in virtù di questa sua qualità, fu prescelta per divenire madre del Cristo. L'immagine presente nella basilica, una delle molte versioni di quegli anni, è stata recentemente riconosciuta a Paolo Serafini, figlio del pittore Serafino. Una sua copia è presente in città ed è custodita nel tabernacolo posto sotto il ponte che unisce il palazzo comunale alla cattedrale, altre immagini sono visibili nella chiesa di S. Andrea, opera di Niccolò da Mariano, e in S. Paolo, opera di Antonio Vite.